martedì 11 settembre 2007

Carta stampata o rivista online

Su un quotidiano ho letto un commento alla chiusura di Diario in cui il giornalista che firmava l'articolo, dispiaciuto sicuramente, asseriva che comunque un giornale può anche essere pubblicato sul web.
Vero. Ci sono numerosi però.
Chi ama l'informazione e la cultura in genere ha una particolare sensibilità e lo sfogliare un libro o un giornale, il poterlo riporre su uno scaffale, tenerlo in borsa e consumarlo a furia di leggerlo e rileggerlo, appoggiarlo sul comodino la sera donano sensazioni che chi non ama con passione la cultura può cogliere solo in parte. Non sono un'anziana signora che vive con diffidenza internet, sono figlia della generazione di web dipendenti, ma nonostante tutto (forse sbagliando) leggo con maggior piacere la carta stampata.
Mi rendo conto però che i costi di una rivista on line sono molto inferiori rispetto a quelli di un giornale stampato in tipografia. A quanto pare comunque Diario svanirà nel nulla lasciando, spero, almeno online l'archivio dei numeri usciti.
Ancora oggi possiamo leggere testi scritti in epoche molto lontane, chi fa ricerca può accedere a testi che hanno 100, 200 anni. Mi chiedo se fra 100 o 200 anni i file in formato html o altro potranno ancora essere letti o se i documenti stampati con le stampanti casalinghe a getto d'inchiostro potranno mantenere le loro caratteristiche o se invece non saranno sbiaditi o addirittura illeggibili. Come non preferire quindi un bel giornale che resiste anche ai traslochi e potrà essere letto dai nostri figli, nipoti e generazioni a venire?

Diario chiude

Speriamo di farci vivi al più presto con un nuovo giornale. Ci stiamo pensando e pensando. Bisognerà fare un giornale (alla fine, a questo tipo di comunicazione siamo legati) che metta insieme le idee fondatrici – la libertà del giornalismo, la nostra frasetta che sta appesa qui in via Melzo 9: «Cercate la verità, nel dubbio un po’ a sinistra»), il gusto di andare sui posti a vedere persone e luoghi, il piacere della lettura, quello che parte dall’occipite e va giù lungo la schiena. Poi bisognerà fare un bell’oggetto, facile da leggere e bello da conservare. Poi bisognerà non smettere di credere che le parole possano dare un contributo, anche se piccolo, ma qualche volta (come è capitato anche a noi) grandissimo, nel cambiare le stupide cose che ci stanno intorno. Poi bisognerà guardare i signori della pubblicità negli occhi e dirgli: «Ce la facciamo da soli».
A tutte queste cose (e speriamo nelle vostre buone proposte) si prova a lavorare. Dovremmo farcela. E anche abbastanza presto. Di sicuro non ci perderemo di vista: ne abbiamo passate troppe insieme.

Così termina l'editoriale dedicato alla chiusura del giornale.
E noi, lettori fedeli di quello che definirei il miglior giornale su suolo italiano, cosa facciamo, stiamo a guardare? Subiamo, come solo noi popolo italiano a volte sappiamo fare, senza ribellarci? Riempiamo i polmoni, tiriamo un lungo respiro-sospiro e diciamo "Vabbè, si vede che doveva andare così, chissà Deaglio ha sicuramente in mente qualche alternativa, chi vivrà vedrà". Io dico "Che schifo!" (non a Deaglio ovviamente...) Non possiamo accontentarci di apprendere una notizia di questo tipo e non fare niente. L'opinione pubblica non avrà denaro ma qualche peso dovrà pur averlo sui fatti che stanno accadendo. Non ammetto quindi silenzi o peggio ancora lapidi virtuali per il mio giornale preferito.
Esisterà pur un modo perchè Diario possa continuare ad esistere. Purtroppo non sono abbastanza ferrata in materia di spese legate alla pubblicazione di una rivista ma possibile mai che almeno una piccola fetta della nostra sinistra, intellettuali, comici, politici, gente comune non si scandalizzi nel veder perire così un giornale che come pochi ha detto la verità su diverse questioni e non urli ai quattro venti che Diario deve essere salvato.